Diario Giugno 2017

 

 Diario Giugno 2017

1/06/2017
     Ho appreso con tristezza che un altro detenuto si è suicidato fra le sbarre della finestra della sua cella ed ho pensato che alcuni prigionieri si tolgono la vita per andare in un luogo migliore di dove vivono.

2/06/2017
     Ho saputo che ad un mio compagno, condannato all’ergastolo ostativo, detenuto nel carcere di Padova, gli è stato diagnosticato un grave tumore alla prostata.
Ciò nonostante, gli hanno respinto la richiesta di differimento della pena per motivi di salute, nelle forme della detenzione domiciliare o, in alternativa, di operarsi in carcere ma vicino al luogo di residenza dei propri familiari, per essere assistito dalla moglie e dai figli.
Sulle sue spalle pesano ora due gravi condanne, tutte e due mortali: ergastolo e cancro, ma, bizzarria della sorte, una condanna può eliminare l’altra… Dagli uomini è stato condannato alla “Pena di Morte Viva” – così si chiama l’ergastolo ostativo, quello senza possibilità di liberazione – , dal destino invece è stato condannato a morire di un brutto male, solo e lontano dalla sua terra e dai suoi familiari.

3/06/2017
     Questa notte ho sognato di essere detenuto ancora nell’isola dell’Asinara, nella solita cella dove ho passato un anno e sei mesi d’isolamento senza scambiare una parola con un essere umano.
Quando mi sono svegliato ho tirato un sospiro di sollievo, ma ho pensato che ancora non riesco a togliermi dalla mente gli anni che ho trascrso in quella maledetta “isola degli ergastolani senza scampo”.

4/06/2017
     Il mio compagno a cui hanno trovato un brutto male mi ha scritto che non ha neanche più la forza per stare male, ma che ciò che lo terrorizza è la paura di doversi spegnere lentamente, fra sbarre e cemento.
Penso che abbia ragione, perché quello che fa più paura a un uomo ombra malato è morire prigioniero, lontano dai propri familiari. Invece quello che terrorizza un uomo ombra sano è continuare a vivere senza neppure un calendario in cella per segnare i giorni che mancano al suo fine pena.
Aurelio sta morendo, a poco a poco, in una prigione dei “buoni”. Ecco le sue più recenti parole: “Sono dimagrito 25 chili. Ormai sono pelle e ossa. E con la testa non ci sono più. Ho solo voglia di impiccarmi. Ti prego fai qualcosa. Non farmi morire nel silenzio e nell’indifferenza”.

5/06/2017
     Non ci posso fare nulla: ogni volta che al mattino esco dal carcere mi sento morire di felicità.
Passato l’ultimo cancello, prendo subito una bella boccata d’aria, una per me e una per il mio cuore, e inizio a camminare veloce verso la fermata dell’autobus.

6/06/2017
     Questa mattina il cielo era di un azzurro intenso e mi sono sentito l’uomo più felice e fortunato della terra, perché per 26 anni ho sempre pensato che per tutta la vita l’avrei potuto vedere solo fra le sbarre della finestra della mia cella.

7/06/2017
     Questa mattina ho fatto un piccolo intervento chirurgico alla mano, per il tunnel carpale, e ho sorriso quando il dottore mi ha detto che questa sindrome avviene spesso quando si usa e si sforza la mano, perché ho pensato che per un quarto di secolo non ho fatto che scrivere.

8/06/2017
     Faccio fatica a battere al computer con la mano sinistra, ma non ho resistito a rispondere a quanti mi hanno chiesto cosa penso della notizia dell’eventuale scarcerazione per motivi di salute di Salvatore Riina e ho scritto questo articolo:
“In questi giorni si è parlato molto della (improbabile) scarcerazione, per motivi di salute, di Salvatore Riina e la maggioranza politica e popolare del nostro Paese si è scandalizzata. Ma la Storia è piena di maggioranze che hanno sbagliato. A mio parere, essere in molti non significa di per sé che si abbia ragione.
Ciò che ho letto in proposito mi ha fatto amaramente riflettere: “Riina deve restare in carcere perché dentro viene curato meglio.” Io preferirei essere curato male ma ricevere conforto, una carezza e assistenza dai familiari.
Riina deve rimanere in carcere perché è ancora il capo di “Cosa Nostra.” Forse molti non sanno che nella malavita (come in politica) fermato un capo c’è già un altro in attesa, che prende subito il suo posto.
Riina non si è mai pentito”. Quando mi hanno arrestato, tanti e tanti anni fa, alcune persone mi dicevano: “Se ti penti esci dal carcere, rivedi la tua famiglia, riprendi a vivere e vieni stipendiato. Se sei bravo e se dici di sapere molto e lo dici un poco alla volta, il tuo stipendio aumenterà, viaggerai, conoscerai città nuove e nuove nazioni. Se chi accusi è innocente, è sfortunato e spacciato, se è colpevole è solo spacciato.” Un grande illuminato, quasi due secoli fa, scriveva che era motivo di vergogna per uno Stato chiedere aiuto, per scoprire dei delitti, a chi li aveva commessi. Chi riesce a vedere nei pentiti e nei collaboratori di oggi il pentimento dell’Innominato del Manzoni? Pentimento che fuoriesce dalla tristezza e dall’abiura morale? Il pentimento che nasce da un sofferto esame interiore? L’urlo della coscienza? Il graffio del rimorso? L’umiltà del peccatore? Tracce di riscatto morale? La testa in giù per il mal prodotto? Dov’è tutto ciò nei pentiti di oggi?
Riina non ha mai preso coscienza del male che ha fatto.” Credo che sia molto difficile che questo avvenga da solo, ad una persona murata viva in una cella, sottoposto al regime di tortura del 41 bis. In fondo la rieducazione del condannato, sancita dall’art.27 della nostra Costituzione, andrebbe garantita, almeno come tentativo, a tutti, anche ai più “cattivi e colpevoli per sempre”.
Dopo tanti anni di carcere l’ergastolano diventa ancor più mostro, senza più ricordi e senza più passato. Il pensiero che un giorno potrebbe uscire, ma che forse non potrebbe mai uscire, non dà pace, né di giorno né di notte. E non c’è tortura più dolorosa dell’incertezza sulla propria sorte. Il dubbio sul proprio destino procura più dolore di qualsiasi altro male. Il carcere duro, in questo strano Paese, viene usato solo come luogo dove si invecchia e si muore. E l’ergastolo senza scampo trasforma la giustizia in vendetta e violenza, perché la morte ti ruba solo la vita ma la pena perpetua ti ruba l’amore, la speranza, il futuro. Ti ammazza lasciandoti vivo.
Spesso i criminali uccidono senza odio, lo Stato invece uccide pian pianino, un po’ tutti i giorni, con odio e vendetta, e lo fa, dice, per fare giustizia. Una speranza, o una morte dignitosa, andrebbe data a tutti, anche ai mostri, almeno perché questi no
n creino culturalmente altri mostri.
L’ergastolo e il carcere duro non sono dei deterrenti, anzi producono e aggiungono altro male e non spaventano neppure i terroristi, perché costoro la morte se la danno da soli.
È vero, il mostro Riina non ha avuto pietà e umanità per le sue vittime, ma questo credo non sia una buona ragione perché lo Stato faccia altrettanto.
Io credo che le vittime innocenti prodotte da Riina si rivolterebbero nella tomba se la Giustizia lo lasciasse andare all’inferno senza aver fatto nulla per tentare di farlo pentire interiormente.
Penso che il carcere debba servire a fermare il male, ma subito dopo deve fare il bene della persona, per farle uscire il senso di colpa dei crimini commessi, perchè questo è il dolore più grande ed è quello che fa più paura, anche ai mostri. Solo così la giustizia potrà funzionare.
Da alcuni mesi esco al mattino e rientro in carcere alla sera, svolgendo, come volontario, servizio di sostegno scolastico e in attività socio-ricreative a bambini e adulti portatori di handicap. Ho iniziato a sentirmi colpevole e a rendermi conto del male fatto solo adesso che la società ha smesso di considerarmi cattivo e colpevole per sempre. E se questo è successo a me, potrebbe capitare anche ad altri mostri.”

9/06/2017
     Durante il giorno quando sono per strada non smetto mai di guardarmi intorno con curiosità, probabilmente perché per un quarto di secolo non ho visto altro che le sbarre e le pareti della mia cella.

10/06/2017
     L’autobus che prendo al mattino è sempre pieno di gente ma, non so perché, a me sembra di essere ugualmente solo, forse perché sento di essere diverso da loro.
E credo di esserlo sia perché sono un sopravvissuto, sia perché sono un ergastolano in regime di semilibertà.

11/06/2017
     Al mattino, appena arrivo nella struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII dove lavoro, vado subito al computer per vedere se ho posta.
E stamattina ho trovato queste parole, che hanno rallegrato il mio cuore:
Carissimo Carmelo, è tanto che mi dico di acquistare il tuo libro e questa è l'occasione per farlo. Mi colpiscono molto le tue parole e spesso mi sono incantata nel leggere i tuoi racconti. Le persone hanno un potere sulle altre enorme, nel bene e nel male. Non conosco i dettagli del tuo passato ma so che in questo presente quello che fai per te e per gli altri è prezioso e come ogni cosa di valore sarebbe più giusto donarlo a chi è povero anziché chiuderlo in cassaforte. Spero che la tua vita ti possa riservare belle sorprese! Avanti così!!!

12/06/2017
     Oggi sono stato all’ospedale a fare la medicazione.
Il dottore mi ha detto che l’intervento è andato bene e che posso continuare a scrivere come e più di prima.
E fra un paio di giorni mi toglieranno anche i punti.

13/06/2017
     Al mattino, quando sto per raggiungere l’ultimo cancello prima di uscire dal carcere, sento il cuore battermi forte, come se non vedesse l’ora di essere fuori, ed io per accontentarlo cammino più veloce.

14/06/2017
      Mi ha scritto un compagno nigeriano dal carcere di Frosinone:
Caro Carmelo,
                           sono molto contento finalmente ad avere le tue notizie. Bello sentirti dire che sei in Comunità Papa Giovanni XXII, in semilibertà. Complimenti per la lotta che hai dovuto fare, direi un percorso di estrema pazienza. Fin quando i nostri compagni aspetteranno gli altri a fare le cose per noi, o ad accusare i giudici, non andremo mai avanti. Finché saremo in pochi a ribellarci, la vedo dura e lunga. Andiamo però avanti lo stesso. Ti mando un forte abbraccio.

15/06/2017
     Oggi sono stato di nuovo a cambiare la medicazione alla mano, dopo l’operazione per il tunnel carpale, e la prossima settimana mi leveranno i punti.
E sono contento di aver risolto questo problema, perché ci tengo che la mia mano possa continuare a scrivere tutto quello che ho nella testa e nel cuore.

16/06/2017
     Continuo a ricevere delle bellissime recensione sul mio ultimo libro “Angelo SenzaDio”. Ecco questa di Giovanna:
È più facile trovare Giustizia in carcere o trovare un Angelo nel proprio cuore? Imparare la lezione scontando una pena fine mai o essere salvati da un amore immeritato? Carmelo Musumeci, ergastolano fino al 9.999, racconta in questo suo libro la commovente storia di un uomo cattivo chiamato Senza Dio a cui l'assassino dei sogni (la galera) ha tolto ogni speranza eccetto che l'amore del suo Angelo. Un Angelo un po' strano, capace anche di dare un pugno sullo stomaco o di dire parolacce quando è necessario, perché amare è anche agire, essere presenti, mettersi nei panni dell'altro. Grazie Carmelo perché ancora una volta sei riuscito ad aprire le porte del carcere e lo hai fatto nel modo più generoso che potevi e cioè facendoci conoscere il tuo cuore.

17/06/2017
     Oggi per tutto il giorno ha fatto un caldo afoso.
E questa sera prima di rientrare in carcere, dopo avere dato l’acqua all’orto, mi sono annaffiato anch’io insieme alle piante di pomodori e insalata.
Poi pensando al caldo che soffrivo nelle celle dei carceri dove sono stato, mi sono sentito tanto felice di trovarmi ora all’aria aperta.

18/06/2017
     Durante il giorno, nei momenti di pausa, mi piace moltissimo sedermi sul terrazzo della struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII dove lavoro, ad ammirare i cipressi e il verde tutto intorno.
Gli alberi in carcere mi sono mancati tantissimo, forse più delle persone.

19/06/2017
     Il prossimo mese andrò in licenza a casa dalla mia compagna e mio figlio mi ha detto che mi lascerà i miei nipotini per qualche giorno.
Non vedo l’ora di fare il nonno come ho sempre sognato per tanti anni.

20/06/2017
     A una ragazza che fa il servizio civile nella Comunità della Papa Giovanni XXIII dove lavoro, ho confidato che esistono molti modi per uccidere una persona, ma quello di murarlo vivo in nome del popolo italiano, senza l’umanità di ammazzarlo prima, è uno dei più crudeli.

21/06/2017
     Intorno alla struttura dove lavoro ci sono diversi campi di girasoli e quando al mattino arrivo mi sembrano dei visi umani che mi sorridono e sia io che il mio cuore li abbracciamo con lo sguardo.

22/06/2017
      Sto cercando d’imparare il nuovo linguaggio tecnologico che ho trovato qui fuori e sto cercando di usare Facebook per tentare di continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’abolizione dell’ergastolo e per promuovere il mio ultimo libro, dal titolo “Angelo SenzaDio”.
Mi sono accorto che ci sono tante persone che si ricordano di me, ma io non riesco a ricordare quasi più nulla, come se la mia mente per difendersi abbia cancellato tutti i ricordi di quando ero un uomo libero.

     23/06/2017
      Per tanti anni non ho mai avuto un calendario in cella, perché solo a guardarlo mi ricordava che ero un ergastolano in trappola, senza via di scampo.
Adesso invece lo guardo spesso per controllare i giorni che mancano per andare a casa una settimana.

24/06/2017
     Quando cammino fra la gente provo la meravigliosa sensazione di sentirmi una persona normale, poi, però, alla sera quando rientro in carcere, mi sento di nuovo un ergastolano. 

  

 

25/06/2017
     Il Vicario del Vescovo di Savona dopo aver letto l’ultimo mio libro, “Angelo SenzaDio”, mi ha scritto:
Non mi aspettavo che tu fossi così esperto in teologia. Anzi, a questo punto la laurea te la potrebbero dare “honoris causa”. Ho letto il tuo libro: c’è dentro più teologia di quello che tu pensi. Ma se anche tu non lo pensi o immagini, non vuol dire che non ci sia. Soprattutto perché è un tipo di teologia che nasce “sul campo” e non nelle biblioteche. E in fin dei conti è quella che dà i risultati più veri. In proposito mi frulla nella testa una proposta: a tutti i teologi di professione, che riempiono le biblioteche di libri ma non sanno incidere sulla vita, darei come obbligo, per le loro prossime pubblicazioni, di passare prima in carcere qualche anno, in silenzio e ascoltando solo la vita che li circonda. Solo dopo questa esperienza potrebbero diventare capaci di una teologia non sterile. Mi rendo conto che questa, come proposta, è un po’ folle, ma non sai quanto bene farebbe alla testa di tante persone annegate nelle parole e completamente fuori del mondo. E se sei fuori del mondo non puoi parlare davvero di Dio, compito serissimo e difficilissimo. Ma tu, un “SenzaDio” (ma è poi vero?), ci sei riuscito molto bene. L’università che hai frequentato per tantissimi anni, ci ha pensato lei a incatenarti ai contenuti veri della vita. Da quello spessore è maturato in te la capacità di stare nell’essenziale della vita. E al di fuori dell’essenziale della vita Dio non lo si incontra mai. Un grande abbraccio
Don Antonio

26/06/2017
     Ho risposto a delle domande che mi ha fatto una persona che legge quello che scrivo in internet e ho concluso in questo modo:
Forse non ti ho risposto a tutte le domande, ma sono argomenti molto difficili da affrontare per lettera senza un confronto e un dibattito di persona perché molte persone sono disinformate di quello che accade nell’inferno delle nostre Patrie Galere e nei cuori dei criminali. Molte di queste persone pensano di meritarsi il paradiso solo perché non commettono reati, vanno a messa e a volte pagano le tasse. Non credo che a Dio basti così poco, per questo spero che nonostante il male che ho fatto in passato, io possa rimediare parzialmente facendo del bene.

27/06/2017
     Oggi ho trascorso una bellissima giornata ma, non so perché, quando sono troppo felice in un angolo della mia mente ripenso a quanto sono stato infelice per un quarto di secolo, murato vivo senza speranza.

28/06/2017
     Oggi nella struttura dove lavoro, io e Paolo, il ragazzo non vedente che vive nella Casa Famiglia accanto, abbiamo lavorato al computer per qualche ora, nello stesso tavolo, lui con il suo ed io con il mio: ho notato con stupore che lui era molto più bravo e veloce di me.

29/06/2017
     Oggi ho letto una bella frase di Paolo Coelho che mi ha fatto riflettere: “L’uomo ha bisogno di quello che ha in sé di peggiore, per raggiungere ciò che di migliore esiste in lui”.
Credo che nel caso mio Paolo Coelho abbia proprio ragione.

30/06/2017
     Hanno trasferito un mio compagno in un carcere lontano da casa, dove gli impediscono anche di avere il computer che lo aiutava a studiare.
Gli ho consigliato di rivolgersi al magistrato di sorveglianza, perché penso che il detenuto per migliorare il luogo dove vive, e migliorarsi, debba denunciare ogni abuso.

 

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