Diario Maggio 2018
Diario Maggio 2018
1/05/2018
Chissà se un giorno riuscirò a ritornare ad essere un uomo libero del tutto, ma intanto io ci provo con tutte le mie forze, per me e per i miei compagni, perché tutti dovrebbero avere la speranza di diventare uomini migliori.
2/05/2018
Il giorno 4 maggio sarò a Venezia per un convegno dal titolo “Uno Stato civile lo si giudica anche dalle sue carceri” e in questo modo potrò continuare a dare voce e luce ai miei compagni murati vivi senza speranza.
3/05/2018
Questa mattina alle sei e mezza, all’uscita dal carcere, è scoppiato un temporale primaverile, ma io sono uscito subito lo stesso, a differenza dei miei compagni, perché è bellissimo camminare da ergastolano semilibero sotto la pioggia.
4/05/2018
Oggi durante il convegno a Venezia, a una domanda di un giornalista, ho risposto: Sapete qual è la cosa più brutta della giornata dell’ergastolano? Che l’indomani inizia tutto daccapo, che sarà una giornata come ieri, come sarà domani e dopodomani, come sarà per sempre.
5/05/2018
Sono rientrato in carcere stanco morto ma felice di questa bella esperienza veneziana, che porterò sempre con me, nella mia mente e nel mio cuore.
6/05/2018
Un compagno ergastolano mi ha scritto: Oggi compio gli anni, sono 57 anni. L’ultimo trascorso fuori da uomo libero fu nel 1980, sono trascorsi 38 anni. Mi rivedo ragazzo esuberante, libero e padrone del mondo, e mi ritrovo anziano e senza prospettive per il futuro. Un mattone fuori posto e tutta la vita cambia totalmente direzione, con un destino che neanche potevi immaginare. Rifletto e mi chiedo qual è lo scopo a mantenere in carcere persone che hanno scontato i loro errori trascorrendo la loro esistenza nelle patrie galere, l’unica parola che mi viene in mente è vendetta. Non trovo altro obiettivo che fare terrore per educare le future generazioni, in caso contrario repressione, torture e abusi sono a sfondo cieco. Comunque mi sono rassegnato al mio destino, forse per porre termine alla sofferenza, ma questo non addomesticherà la lotta per cercare di cambiare ciò che il fato mi ha riservato in sorte.
7/05/2018
Riflettendo sulle parole che ho ricevuto ieri da un compagno ergastolano, ho pensato che migliorare una persona e poi farla marcire dentro è una pura cattiveria, perché in carcere si soffre di meno se uno rimane cattivo.
8/05/2018
Alla sera prima di andare a dormire, spesso qualche compagno passa dalla mia cella per darmi la buonanotte, qualcuno si sfoga delle difficoltà che sta trovando fuori e mi dispiace che più di tentare di confortarli non posso fare altro.
9/05/2018
Oggi a una domanda di una studentessa per la sua tesi ho risposto che il carcere divora l’amore di chi sta fuori e uccide l’amore di chi sta dentro, che la rabbia e la disperazione in carcere aiutano a sopravvivere, ma solo l’amore può aiutare a vivere.
10/05/2018
Una mia lettrice, che ha letto il mio ultimo libro, mi ha scritto queste belle parole:
Ciao Carmelo, ho letto il tuo libro "La Belva della cella 154" e l'ho letto d'un fiato... volevo farti i complimenti, mi è piaciuto davvero tanto e penso che tutti dovrebbero leggerlo, soprattutto chi ha dei pregiudizi verso le persone detenute, perché forse inizierebbero a pensare. Trovo davvero ingiusto rinchiudere una persona in una cella e abbandonarla lì... Il carcere dovrebbe essere rieducativo e non punitivo. E soprattutto penso che sia giusto che chi si ritrova a scontare una pena in carcere venga trattato come una Persona quale è. Un abbraccio… Deborah
11/05/2018
Ho scritto a un noto politico queste parole: Molti non sanno che la nostra Carta Costituzionale, scritta soprattutto da partigiani che sono stati detenuti nelle carceri fasciste, prevede che la pena abbia principalmente lo scopo di tendere alla rieducazione, quindi qualsiasi pena detentiva non può e non deve essere certa quando ha esaurito la sua funzione rieducativa.
12/05/2018
Spesso penso che vorrei tanto tornare indietro e cambiare alcune cose della mia vita. Poi, però, scrollo lentamente e tristemente la testa perché è una cosa che non posso fare. Non posso tornare indietro e vivere la mia vita diversamente, ma adesso almeno posso vivere questa che mi aspetta.
13/05/2018
Mi piace aiutare i giovani laureandi con le loro tesi. Oggi una ragazza mi ha scritto:
Carissimo dott. Musumeci, mi sono laureata qualche giorno fa, e come tesi di laurea ho trattato l'ergastolo ostativo. Oltre a ringraziarla per gli spunti di riflessione, mi sento in dovere di dirle che piange il cuore nel sapere che ci sono tante, tantissime, persone che vivono questa situazione.
Bisogna continuare a lottare. Qualcosa prima o poi dovrà cambiare. Un saluto
14/05/2018
Mi ricordo che quando stavo in carcere tutto il giorno rimanevo sveglio di notte e dormivo di giorno, perché in carcere, quando si è tristi, si ama più la notte che il giorno. Adesso invece alla notte dormo come un ghiro e di giorno sono sveglio perché sono felice di passare le giornate da uomo semilibero.
15/05/2018
Ho ricevuto una lettera da un mio compagno e mi ha dato la triste notizia che si è lasciato con la moglie. Purtroppo durante la detenzione gli affetti col tempo si perdono, anche a causa delle poche ore di colloquio a disposizione. E, irrimediabilmente, si sfasciano le famiglie.
16/05/2018
Anche oggi piove, sembra che la primavera stenti ad arrivare.
Per fortuna quando esco nel mio cuore è sempre primavera e sento subito la mia compagna al telefono, che mi dà il buon giorno.
17/05/2018
Oggi ho risposto al mio compagno che si è separato dalla moglie, detenuto in un carcere sardo. Ho cercato di fargli coraggio, ma penso di non esserci riuscito. Purtroppo, il carcere è il luogo dove hai più bisogno d’amore, ma sembra che i nostri governanti siano gelosi dell’amore. In carcere si vede così poco amore che, quando uno ne ha un poco, te lo vogliono persino portare via. Quei pochi detenuti che sono amati vengono trasferiti in carceri lontani.
18/05/2018
Ho letto che in due giorni si sono tolti la vita altri due detenuti ed ho pensato a un mio compagno che non c’è più, che una volta mi aveva confidato: “Io non mi ucciderò mai, ma sento spesso il desiderio di farlo.” Io avevo pensato che sono proprio quelli che dicono che non lo faranno mai ad essere più a rischio. E non mi sbagliavo, perché anni dopo anche lui si è tolto la vita.
19/05/2018
Ho scritto un articolo, dal titolo “Cultura mafiosa anche in una certa antimafia”, che inizia così: “Alcuni professionisti (a mio parere poco professionisti) dell’antimafia si sono lamentati che dei giudici abbiano stabilito che i Garanti regionali dei detenuti possano colloquiare con i prigionieri sottoposti al regime di tortura democratica del 41 bis senza le consuete cautele, come il vetro divisorio fino a soffitto e la registrazione audiovisiva. Qualcuno di questi professionisti ha persino dichiarato: “Così si indebolisce il 41 bis: rischio messaggi all’esterno (…) perché il garante regionale seppur involontariamente può essere tramite di messaggi del detenuto." (Il Fatto Quotidiano, 4 marzo 2018). Seguendo questo tipo di ragionamento, per non correre nessun rischio e in nome del sospetto, il detenuto sottoposto al 41 bis non dovrebbe mai essere messo nelle condizioni di venire a contatto con nessuna persona delle istituzioni. Neppure con il direttore, le guardie, gli infermieri, i medici e i giudici, se non tramite un vetro divisorio e con colloqui audiovideo registrati, perché anche loro seppur involontariamente potrebbero essere tramite di messaggi del detenuto.”
20/05/2018
In un’intervista, ad una domanda sulla pena dell’ergastolo ho risposto che non si può vivere senza speranza e tutti ne hanno diritto, tutti. Negarla è andare contro ogni senso dell’umano e, ancor più, della fede per i credenti.
21/05/2018
Questa notte ho sognato di essere fuori, poi però mi sono svegliato e mi sono accorto di essere dentro. E ho pensato che non è facile vivere con un piede dentro e uno fuori, ma subito dopo il mio cuore mi ha rimproverato e mi ha invitato a non lamentarmi troppo perché prima avevo tutti e due piedi dentro. Come dargli torto!
22/05/2018
Non c’è nulla da fare, non riesco a farmi dare la patente di guida, nonostante siamo passati 27 anni da quando me l’hanno ritirata, e sto pensando che se un lupo cattivo riesce a diventare buono i buoni non te lo perdoneranno mai.
23/05/2018
Quando metto in rete qualche articolo per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’abolizione dell’ergastolo ricevo spesso dei commenti negativi: “Favorevole all'abolizione dell'ergastolo. Però ripristiniamo la pena di morte”, che mi feriscono, ma non mi fermano.
24/05/2018
Ho scritto in rete:
“Ricordatevi: nuovo digiuno per l’abolizione dell’ergastolo, martedì 26/6/2018, giornata dedicata alle vittime della tortura, quindi anche ai detenuti condannati alla pena dell'ergastolo".
Penso che questa società stia perdendo la capacità di pensare, di amare e di essere umana, perché quando la giustizia punisce dovrebbe preoccuparsi anche di farlo senza arrecare altro male. Tanto, in realtà, non si può rimediare più al male già fatto. Molti, purtroppo, confondono la giustizia con la vendetta. E una pena che non finisce mai, come la condanna all’ergastolo, non è altro che una vendetta, che non rende migliore né chi la emette né chi la subisce. La pena per essere giusta dovrebbe pensare anche al futuro e non solo al passato. L’ergastolo invece guarda sempre indietro e mai avanti. La pena - per essere capita, compresa ed accettata - deve avere una fine; una pena che non finisce mai non può essere capita, né compresa, né tantomeno accettata.
25/05/2018
Mi hanno concesso tre giorni di licenza per andare alla Fiera di Forlì con il popolo della Comunità Papa Giovanni XXIII e sono particolarmente contento.
26/05/2018
Oggi ho fatto un intervento al convegno annuale della Comunità Papa Giovanni XXIII, dal titolo provocatorio "Condannare gli ergastolani alla pena di essere amati" e sono stato molto applaudito.
27/05/2018
È il secondo anno che partecipo alla tre giorni della Comunità Papa Giovanni e anche quest’anno ho fatto un bagno di umanità vera!
28/05/2018
Questa sera ritorno a dormire in carcere, ma sono particolarmente contento di avere proposto ai membri della Comunità Papa Giovanni di provare ad “adottare” nelle loro famiglie un ergastolano, magari quelli da circa trenta anni in carcere, perché a molti di loro la mia idea è piaciuta.
29/05/2018
Ho letto anche che si è gridato allo scandalo perché un magistrato di sorveglianza ha concesso un permesso di qualche ora, con scorta, ad un ergastolano in regime di 41 bis per vedere la mamma malata ultranovantenne, per il rischio che il figlio possa ordinare e mandare messaggi ai suoi gregari. Credo che a questo punto, per evitare qualsiasi timore, tutti dovrebbero essere sorvegliati a vista, perché anche i politici e i funzionari dello Stato potrebbero usare il loro potere per rubare e corrompere e anche le persone normali, incensurate, con la fedina penale pulita, potrebbero uccidere all’improvviso moglie e figli (come purtroppo accade).
30/05/2018
La nuova maggioranza politica insiste sulla certezza della pena e allora ho scritto un articolo citando Sigmund Freud, che affermava: L’umanità ha sempre barattato un po’ di felicità per un po’ di sicurezza. Per questo io penso che sia meglio vivere in uno Stato di diritto e democratico, anche a rischio che mi vengano a rubare in casa, piuttosto che vivere in uno Stato più sicuro ma poliziesco. Sì, è vero, prevenire è meglio che curare, ma non bisogna però esagerare perché la prevenzione su tutto e tutti può diventare una malattia contagiosa che porta più danni che benefici.
31/05/2018
Ho reso pubblico l’intervento che ho fatto al convegno annuale della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi, svoltosi nei giorni scorsi a Forlì:
Condannare gli ergastolani alla pena di essere amati
Da un quarto di secolo lotto per l’abolizione dell’ergastolo, ma in questo periodo mi è venuto il dubbio che ho fatto poco per cercare di migliorare gli ergastolani. Le due cose, secondo me, invece dovrebbero marciare di pari passo. Migliorare una persona e poi farla marcire dentro è una pura cattiveria, perché in carcere si soffre di meno se uno rimane cattivo, ma nello stesso tempo far uscire una persona senza che il carcere abbia tentato di farlo diventare buono, può essere pericoloso per la società.
Che fare? Penso che, oltre a continuare a lottare per l’abolizione dell’ergastolo, bisogna anche tentare di migliorare gli stessi ergastolani.
Come farlo? Parto dalla mia esperienza. Quello che a me ha fatto bene più di tutto non è stato certo lo studio, o i libri, e neppure l’amore della mia famiglia: certo queste cose sono state importanti, ma da sole non sarebbero bastate. La mia vera rivoluzione interiore è avvenuta con l’incontro della Comunità Papa Giovanni XXIII, perché ad un certo punto della mia vita mi sono accorto che una piccola parte della società mi amava ed io ho smesso di odiarla. E se questo è accaduto a me, il più delinquente dei delinquenti, può accadere anche ad altri. Ecco, in sintesi, la mia proposta a tutta la Comunità: perché alcune case famiglie non adottano a tutti gli effetti un ergastolano? Fare quello che avete fatto con me. Si potrebbe iniziare con un esperimento pilota con alcuni ergastolani, dare a ciascuno di loro una “Casa Famiglia” o una seconda famiglia (alcuni di loro non ne hanno più una).
Quando parlo della Comunità nelle mie testimonianze dico che la Papa Giovanni XXIII è una grande famiglia che dona piccole famiglie a chi non ne ha e faccio l’esempio dei bambini nati con gravi problemi fisici che se abbandonati in un ospedale avrebbero pochi anni di vita, invece adottati riescono a vivere più a lungo e bene, perché l’amore è la migliore delle medicine. E perché non dare questa medicina anche ai cattivi e colpevoli per sempre? Aggiungo anche che la Papa Giovanni non si occupa solo dei buoni ma anche dei cattivi e per questo hanno preso anche me, quindi perché alcune case famiglie, quelle che se la sentono, non provano ad “adottare” nella loro famiglia un ergastolano, magari quelli da circa trenta anni in carcere?
Parliamone e confrontiamoci.
Un abbraccio.
Carmelo