Lettera aperta a Suor Grazia

Lettera aperta a Suor Grazia

L’ergastolo, privo com’è di qualsiasi speranza, di qualsiasi prospettiva, di qualsiasi sollecitazione al pentimento e al ritrovamento del soggetto, appare crudele e disumano non meno di quanto lo sia la pena di morte. (Aldo Moro, agli studenti di Scienze politiche, 1976)

A Pieve di Romena il 22 aprile 2012, alle ore 15.00, la fraternità di Romena, in collaborazione con l’Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII, ha organizzato un dibattito dal titolo “Dalle ferite al perdono” con Agnese Moro, con questi argomenti: “Che cosa vuol dire giustizia? Qual è la giusta pena? Come si legge nel cuore dell’uomo? La figlia dello statista ucciso dalle Br davanti al toccante libro “Undici ore d’amore di un uomo ombra” di Carmelo Musumeci, condannato al carcere a vita.”
Suor Grazia e tutte le sue sorelle del Monastero Domenicano di Pratovecchio mi avevano dato la disponibilità e avrebbero ospitato me e tutta la mia famiglia, ho presentato un permesso di necessità per andare da loro, ma, purtroppo, la risposta è stata negativa.

Suor Grazia, mi dispiace, non ci rimanere male, non lo voglio, ma mi hanno detto ancora no e continueranno a farlo ancora e sarà fino all’ultimo dei miei giorni, perché purtroppo quasi mai la legge vede le cose dal punto di vista della giustizia.
Un uomo ombra può decidere di amare e di odiare la vita, ed io ho deciso di continuare ad amare ugualmente la vita. Non per me, ma per la mia compagna, i miei figli e per tutte le persone che mi vogliono bene, ma non ti nascondo che a volte, pur di uscire da questa cella, preferirei essere morto che vivo, perché levare la libertà a un uomo per sempre è più doloroso che ammazzarlo.

Suor Grazia, mi sta venendo il dubbio che forse non riesco a uscire perché non sto facendo abbastanza o probabilmente perché non me lo merito, ma tu, mi raccomando, non te la prendere con Dio, non ti arrabbiare con lui.
Purtroppo gli uomini non danno retta a nessuno e i cattivi come me non credono a Dio, ma forse riescono ad amarlo più dei buoni.
E sappi che spesso la notte quando non riesco a dormire e mi metto a passeggiare per la cella la tua luce accompagna i miei passi e le tue preghiere sostengono i miei sogni di libertà.

Suor Grazia, la sofferenza di un prigioniero che insiste a essere libero è molto più terribile di quello che accetta di essere prigioniero, ma io preferisco in questo modo.
E non ti preoccupare per me perché la sofferenza mi rende forte mentre il dolore m’indebolisce, forse anche per questo preferisco soffrire per gli altri che sentire dolore per me.

Suor Grazia, io non sono potuto venire ma ti ho mandato il mio cuore, mia figlia e il mio angelo, perdonami se non ho potuto mandarti di più, ma non ho altro, anzi, qualcosa mi è ancora rimasto: il mio sorriso, ti mando anche questo.

Carmelo Musumeci.
Carcere Spoleto, aprile 2012
www.carmelomusumeci.com

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